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Comunicati Stampa

MAGGIO 2005

Archivio dei comunicati stampa della Segreteria e della Categorie.

COMUNICATO STAMPA - 13/5/2005

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Rilevazione dell'Ufficio Studi della Cgil provinciale su dati Ebav relativi al periodo 2001_2004. Il sistema dell'artigiano trevigiano sull'orlo del collasso.
Imprese in calo del 2,5%, occupazione -5,8%. Boom dei licenziamenti, cresciuti del 45,8%. Nel 70% dei casi la perdita del posto di lavoro è legata a cessazione dell'attività dell'azienda. Il segretario Cgil Barbiero: "Crisi strutturale e per certi versi definitiva".

"Il sistema dell'artigianato in provincia di Treviso è sull'orlo del collasso. Si tratta di una crisi strutturale e per certi versi definitiva, non di una flessione congiunturale. Lo confermano la netta flessione del numero di imprese e il fatto che i licenziamenti, nel 70% dei casi, non sono dovuti a riorganizzazioni ma a cessazione delle attività".

E' l'allarme lanciato oggi dal segretario generale della Cgil provinciale di Treviso Paolino Barbiero, sulla scorta di una rilevazione realizzata dall'Ufficio Studi della Cgil trevigiana in base ai dati Ebav (Ente bilaterale per l'artigianato veneto) sulle uscite dei lavoratori dipendenti dalle imprese artigiane della Marca nel periodo compreso tra il 2001 ed il 2004.

"Una ricerca, precisa Barbiero, che traccia un futuro di grande preoccupazione per un settore tradizionalmente forte nel nostro territorio, che in passato ha svolto un ruolo importante come bacino occupazionale e che oggi è invece di fronte ad un vero e proprio tracollo".

Secondo la rilevazione fra il 2001 ed il 2004 il numero di imprese è diminuito del 2,5%, passando da 6.505 a 5.399 unità, mentre il numero degli occupati è calato del 5,8%, da 31.749 a 29.913 lavoratori.

Nello stesso periodo il numero di giornate di sospensione erogate dall'Ebav è aumentato del 137%, toccando una punta di 22.337. Per quanto riguarda i licenziamenti, si registra un aumento del 45,8%. Le difficoltà maggiori nel settore del tessile,calzaturiero,abbigliamento, nel quale si concentrano i due terzi della diminuzione del numero di imprese e tre quarti delle perdite di posti di lavoro.

Segno meno anche per il legno mobilio (-4% nel numero di imprese, -5% degli occupati), chimica, occhiali e metalmeccanico. In quest'ultimo caso la contrazione è, in termini nominali, ridotta (-1% nel numero di imprese, -0,7% per i dipendenti) ma dato il forte peso che il settore ha all'interno della provincia, le variazioni in termini assoluti sono di rilievo. In particolare, nel metalmeccanico, si registra una crescita esponenziale del ricorso alle sospensioni, che passano dalle 1.593 giornate del 2001 alle 5.133 del 2004.

I lavoratori espulsi dal posto di lavoro sono in gran parte donne e provenienti dal tessile,calzaturiero,abbigliamento, mentre la distribuzione per classi di età coinvolge tutti i segmenti anagrafici, concentrata nella fascia tra i 31 e 40 anni (43,5%) e tra i 26 e i 30 (20%). La bassa incidenza sulle classi di età più giovane è determinata dalla scarsa presenza di lavori under 25 nel settore artigiano.

Il 93,3% dei lavoratori licenziati è di nazionalità italiana. Il valore di 6,7% che riguarda gli immigrati extracomunitari viene però giudicato importante dal momento che la percentuale di lavoratori extra Ue nel settore è del 13% sul totale. Il 95% dei licenziati sono figure operaie, il 68,45% lavorava a tempo pieno. Oltre metà dei lavoratori che hanno perso il posto sono stati assunti fino a tre anni prima del licenziamenti. Queste persone rappresentano, di fatto,lavoratori non giovanissimi (vedi scomposizione per classe di età) e abituati alla mobilità, segno di una forte instabilità dei rapporti e, di conseguenza, di fragilità del sistema delle imprese.

Il 45% ha una anzianità superiore ai 4 anni e il 17,3% superiore ai 10 anni. Per questi ultimi è più difficile il reinserimento del mondo del lavoro, in quanto si tratta di lavoratori anziani che hanno sempre o prevalentemente svolto mansioni operaie presso la stessa azienda, quindi con un profilo non sempre idoneo ad un ricollocamento in un sistema produttivo in continua evoluzione.

Indicativo, dello stato di peggioramento della situazione economica complessiva, è il dato relativo alla durata dei periodi di disoccupazione successivi ai licenziamenti. Se nel 2001 il 33% trovava un lavoro entro un mese dal licenziamento, nel 2003 la percentuale era dimezzata, attestandosi al 16%. Inoltre è cresciuta la percentuale di lavoratori che hanno usufruito del periodo completo di indennizzo previsto nel settore (12 settimane), passato dal 45% al 64%. Le difficoltà maggiori di reinserimento riguardano le donne, che nel 59% dei casi usufruiscono del massimo del periodo di sussidio. Solo il 21% rimane disoccupata per meno di un mese.

L'età rappresenta inoltre un fattore importante per la ricollocazione: i lavoratori più anziani restano infatti privi di una occupazione per periodi lunghi. Fra questi il 60% usufruisce dell'intero periodo indennizzabile, livello che sale al 75% per gli over 55; in corrispondenza diminuisce la quota di coloro che rientrano al lavoro più velocemente.

Molto interessante è lo stato di attività delle imprese che hanno fatto ricorso ai licenziamenti: il 71% ha cessato entro un mese dall'ultimo licenziamento, calcolando la percentuale sul numero totale di aziende che hanno effettuato uscite dal posto di lavoro. Il 4% ha chiuso i battenti entro al massimo tre mesi. Solo un quarto delle aziende che hanno licenziato nel 2002 erano ancora in attività nel 2003. Solo il 25% licenzia per ragioni di esubero o turn over.

"Queste indicazioni,ha concluso Barbiero, sottolineano il dramma economico di un comparto dove solo la trasformazione in partita Iva di situazioni che precedentemente erano regolate da rapporti di lavoro subordinato giustifica una crescita minima dei livelli di impresa tra il 2004 ed il 2005. Dove cioè non si registra la morte dell'azienda e quindi si arriva a licenziamenti obbligati, si innescano meccanismi di flessibilità fai da te, indicatori della fragilità della qualità e della incapacità di sostenere la competizione senza una drammatica riduzione dei costi del lavoro ma anche di una diminuzione della qualità della retribuzione.

In questo quadro c'è, purtroppo, chi continua a fornire dati più o meno rassicuranti sullo stato dell'economia a Treviso, come se vi fosse il timore di affrontare la difficile sfida per uscire dalla crisi e riprendere la strada dello sviluppo. La proposta della Cgil è chiara: abbiamo tutti gli strumenti per misurare la crisi, serve ora identificare un percorso che ci permetta di mettere in rilievo settori e aziende che possano rappresentare sbocchi futuri di crescita produttiva e occupazionale. Ad esempio attraverso un sistema di sostegno economico non a pioggia, come nel caso di una generalizzata riduzione dell'Irap, ma selettivo, più efficace ed efficiente, che privilegi le realtà virtuose".

DIGNITA' PER I MIGRANTI - 14/5/2005

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Permessi di Soggiorno: basta code in Questura!
Miglioriamo il sistema rendendolo più umano.

In Provincia di Treviso risiedono oltre 60.000 immigrati provenienti da 140 paesi del mondo: persone e famiglie che lasciano le loro terre per migliorare le loro condizioni di vita.

La loro presenza in Italia è legittimata attraverso il PERMESSO DI SOGGIORNO: un documento per ottenere il quale ci vogliono parecchi mesi, dopo estenuanti ed umilianti code.

E' una situazione grave, che pesa su migliaia di immigrati ma anche sugli italiani (datori di lavoro, famiglie che assumono badanti) e sui funzionari delle Questure, spesso costretti a ruoli che loro stessi denunciano come frustranti e offensivi per la dignità delle persone.

A Treviso la situazione è al collasso: i tempi per il rinnovo dei permessi di soggiorno sono di quasi un anno, durante il quale l'immigrato è praticamente un senza diritti e senza identità: non può lasciare il paese, non può aprire un conto corrente, non può firmare un contratto di affitto, non può farsi la patente, non può accedere a un mutuo.

Il personale dell'Ufficio Stranieri della Questura è lo stesso di quando gli immigrati erano 1/3 degli attuali e i permessi di soggiorno avevano la durata di 4 anni; ora durano al massimo 2 anni ma molti devono essere rinnovati ogni sei mesi.

La situazione è insostenibile e non può essere risolta con l'assunzione di qualche impiegato interinale a termine, fra qualche mese purtroppo saremo daccapo.

Si lamentano gli immigrati, si lamentano i datori di lavoro, si lamentano le istituzioni, ma nella Marca Gioiosa non si riesce a risolvere il problema una volta per tutte; a Vicenza e Padova sono organizzati per rinnovare il permesso in un mese, da noi in 12 mesi.

E' arrivato il momento di dire basta!

Sottoscriviamo la petizione promossa dalle associazioni per una soluzione definitiva, attraverso una organizzazione già sperimentata in molte altre province italiane: trasferire la parte burocratica ai Comuni, lasciando le Forze dell'Ordine al loro ruolo istituzionale di presidio del territorio.

Cgil, Cisl, Uil, Coordinamento Fratelli D'Italia, Caritas, Anolf Fondazione Migrantes, Forum Territoriali sull'Immigrazione, Acli, Ogi, Associazioni degli Immigrati della Provincia di Treviso

CAMERA DEL LAVORO DI TREVISO, Via Dandolo 4 - tel. 0422 4091 fax 0422 403731 Risali la pagina