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Archivio dei comunicati stampa della Segreteria e della Categorie.
I Coordinamenti donne di Cgil Cisl Uil di Treviso
presentano, Giovedì 16 marzo 2006 alle ore 20.30 presso il Teatro Sociale di Treviso (ex Ariston, Via Garbizza), lo spettacolo teatrale "Sexmachine" di e con Giuliana Musso.
L'iniziativa, organizzata in occasione dell'8 marzo 2006, vuole offrire uno spunto di riflessione su una delle tante problematiche che attraversano la condizione femminile ma che riguarda tutti noi e la dignità della persona: la prostituzione.
Sexmachine parla di sesso e denaro, della follia mercificata del vivere contemporaneo, anime e corpi in libera compravendita. Sexmachine parla di sesso e libertà: oggi lo possiamo fare dove, come e con chi vogliamo ma, più liberi siamo, più andiamo a farlo di nascosto, con donne che non conosciamo e che spesso libere non sono.
E' uno splendido esempio di teatro civile, che presenta fatti drammatici ma non pretende di fornire risposte preconfezionate. Sceglie invece una strada più difficile, ma più efficace: quella di offrire al pubblico spunti di riflessione, abbattendo false certezze, luoghi comuni e solide giustificazioni. Alla fine, resta, a uomini e donne, quell'amaro in bocca che sentiamo sempre davanti a un fallimento che, almeno per indifferenza, è in parte anche nostro.
Consulta Immigrazione CGIL della provincia di Treviso,
Università Popolari Auser della provincia di Treviso
Il progetto Cittadini come noi si propone di favorire la socializzazione fra cittadini della provincia di Treviso e cittadini stranieri, da tempo residenti nel nostro territorio, regolarmente inseriti nelle attività lavorative, spesso con famiglia e figli, insomma cittadini come noi.
Eppure la nostra e la loro sono spesso due realtà che non si incontrano e non si conoscono, vivono da anni vicine, si accettano (non sempre), ma non si contaminano.
Vorremmo quindi promuovere delle opportunità di incontro e di conoscenza che non pretendono di risolvere grossi problemi, ma vogliono semplicemente creare le condizioni di saperne di più reciprocamente, di favorire l'avvicinamento e di avviare il dialogo.
Le interviste verranno trascritte e raccolte in un fascicolo che verrà stampato in più copie, inviato ai Circoli Auser, alle Università Popolari, alle categorie dei lavoratori CGIL, alle Leghe SPI, a tutti quelli che vorranno avviare con noi occasioni di discussione e dibattito.
Ci proponiamo di:
Gentile direttore,
c'è a mio avviso una ragione antropologica che spiega perché parte degli imprenditori veneti si riconosca nella politica di Berlusconi e nelle parole del presidente di Confindustria Veneto Riello, schieratosi chiaramente a destra. E perché si sia auto arruolata volentieri nella "clac" vicentina del Presidente del consiglio, negandola per giustificarla.
E' la stessa ragione che descrive il motivo per cui c'è una spaccatura netta ed evidente tra il capitalismo di grandi dimensioni del Nord Ovest e quel nano capitalismo del Nord Est che dimostra simpatia per i capisaldi dell'azione del governo nell'ultima legislatura: flessibilità intesa solo come contrazione del costo del lavoro, il mito dell'ingiustizia fiscale, il fastidio per il rapporto con il Pubblico, le relazioni sindacali e industriali concepite come fastidio e non come luogo della dialettica economica.
A subire il fascino di quella che è una vera e propria ideologia sociale sono quelle imprese dove "piccolo" non descrive solo la dimensione delle attività ma è anche un aggettivo della cultura imprenditoriale; dove la proprietà di confonde con il management, dove il capitale dell'azienda è percepito come proprietà esclusiva dell'imprenditore, dove, per ragioni storiche e appunto culturali, c'è tanto "paron" e poco imprenditore.
All'interno di questo perimetro del mondo produttivo la precarietà è immaginata come leva di vantaggio, la cancellazione delle sanzioni ai licenziamenti senza giusta causa è una questione di libertà, pagare le tasse un peso, il sindacato un nemico.
Berlusconi lo ha ben presente e quindi lui e i suoi consiglieri economici calcano la mano per dividere "questi" dal resto del mondo imprenditivo: da una parte ci sarebbero le grandi aziende assistite dallo Stato (come se tutto il capitalismo strutturato fosse Fiat o Alitalia) e in combutta con la Cgil, dall'altro gli spiriti liberi.
Una tecnica già utilizzata, attraverso il Patto per l'Italia, per scavare un solco nel fronte sindacale. E questa è una esperienza di cui gli imprenditori devono fare tesoro.
Allo stesso tempo il malpancismo imprenditoriale è tanto diffuso quanto poco rappresentato a livello associativo. A Treviso, ad esempio, patria del "piccolo è bello" che tanto ha dato in termini di voto al movimentismo leghista, l'attuale presidenza di Unindustria segna, soprattutto sul fronte delle relazioni, per quanto complicate, con il sindacato, una netta rottura rispetto all' era Bellato e ancor più rispetto a quella Tognana, che non a caso è con l'ex presidente di Confindustria D'Amato uno dei maggiori portatori d'acqua di Berlusconi.
Il punto è che le politiche di centrodestra, proprio rispetto alla piccola impresa, sono soltanto accanimento terapeutico. La corsa indiscriminata e sregolata alla contrazione del costo del lavoro si sa quando comincia, ma non si sa quando finisce e quanto costi in termini di impatto sociale. E senza una politica industriale che accompagni le piccole imprese a diventare più grandi, più attente alla creazione di valore aggiunto, più strutturate produttivamente e finanziariamente, questo importante comparto industriale è destinato a chiudere presto baracca e burattini.
La verità è però anche una altra: alla svolta, al rilancio su basi competitive moderne gli industriali devono crederci per primi. Di sicuro la piccola impresa ha bisogno di essere protetta dall'aggressione del basso costo internazionale durante la fase di passaggio; ma non c'è politica di governo che possa costringere un imprenditore a smetterla di fare plastichetta in Cina e posizionarsi invece su cose di maggiore valore aggiunto.
Servirebbe piuttosto una nuova consapevolezza della borghesia capitalistica e imprenditoriale, direi il gusto ad essere e anche ad essere riconosciuta come classe capace di esprimere leadership e di costituire un punto di riferimento, economicamente ma anche culturalmente.
Questo potrà però avvenire solo se il capitalismo rimarrà a produrre localmente e se localmente continuerà a creare ricchezza per sé e per il mondo del lavoro, in una logica di sostenibilità ambientale e di vera valorizzazione del capitale umano.
L'alternativa è la flessibilità senza regole, o la migrazione continua alla ricerca di mercati del lavoro dove gli operai, oneri compresi, costano da un decimo a un ventesimo di quelli italiani.
Per continuare a fare quattro, ma proprio quattro, soldi producendo plastichette.
Paolino Barbiero, Segretario generale Cgil provinciale Treviso
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