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Archivio dei comunicati stampa della Segreteria e della Categorie.
In questi giorni è stato sollevato in modo strumentale e polemico il problema dell'assegno sociale che verrebbe riconosciuto a immigrati anziani che ottengono il permesso di soggiorno e risultano residenti nella nostra provincia.
Le dichiarazioni, rilasciate alla stampa da figure che hanno un ruolo istituzionale e/o politico, sono gravi e irresponsabili, perché omettono di precisare che, per ottenere l'assegno sociale, occorrono presupposti e condizioni tali da ridurre drasticamente, e in modo particolare per gli immigrati, la possibilità di avere e mantenere la corresponsione di questo assegno.I ricongiungimenti familiari sono sempre più complessi e difficili da ottenere, l'assegno spetta solo a chi ha più di 65 anni, è necessaria la carta di soggiorno (che - a differenza del permesso - si pu= ottenere solo dopo 6 anni di residenza) e occorre documentare la situazione di indigenza. Sono pochissimi gli immigrati con più di 65 anni in possesso della carta di soggiorno e di tutte le altre condizioni previste dalla normativa vigente per ottenere l'assegno sociale.
Ci interroghiamo allora su quali obiettivi si perseguano titolando alcuni articoli di stampa: "Invasione di anziani extracomunitari", "Immigrati anziani nella marca solo per l'assegno di povertà", "Quegli immigrati tolgono soldi ai nostri anziani" e tralasciando di informare correttamente sulle condizioni e i presupposti per il diritto a questo assegno, nonché sulle dimensioni effettive del fenomeno.Riteniamo grave che persone che ricoprono ruoli di responsabilità affrontino questi temi in modo scorretto, alimentando pregiudizi e sentimenti razzisti anziché cercare soluzioni ai veri problemi che riguardano l'integrazione e il rispetto dei diritti e dei doveri di tutti.
Giancarlo Cavallin, Responsabile Politiche Sociali CGIL TrevisoIl Direttivo della Cgil di Treviso esprime forte preoccupazione per la tenuta della coesione sociale rispetto ai contenuti politici della relazione del Presidente degli Industriali di Treviso all'assemblea di Unindustria.
Di fronte ad un continuo declino del manifatturiero tradizionale e ad una crisi della stabilità occupazionale, economica e sociale che sta attraversando la nostra Provincia, Unindustria non trova di meglio che rilanciare la libertà di licenziamento e attaccare ancora una volta i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, e delle OO.SS. per il loro impegno a tutela, delle condizioni di lavoro, dell'occupazione e contro la delocalizzazione, la precarietà e la legge 30, nascondendo di fatto la loro incapacità di innovazione, di ricerca e di reggere la competitività globale con investimenti di qualità.
Bisogna restituire valore al lavoro nel pieno rispetto delle norme sulla sicurezza. Non basta un'imprenditoria solo creativa, ma anche responsabile verso il territorio e la valorizzazione professionale dei posti di lavoro. Non è con i licenziamenti, la flessibilità, la precarietà, la riduzione dei diritti e dei salari dei lavoratori che si rilancia la buona occupazione e nel nostro paese.
In quest'ambito, la Cgil di Treviso è a ribadire con forza che bisogna totalmente superare la Legge 30, la Bossi-Fini, la Legge Moratti realizzando una nuova legislazione sul lavoro, in grado di consolidare la stabilità del lavoro, accompagnato da ammortizzatori sociali e dalla formazione permanente, così come definito nei nostri documenti congressuali.Il Comitato Direttivo Provinciale Cgil ritiene altresì irresponsabili e fuori luogo le critiche mosse ai cittadini e ai comitati che liberamente hanno protestato per salvaguardare il territorio, l'ambiente e la salute pubblica dicendo No ai termovalorizzatori.
Per quanto ci riguarda, come Cgil di Treviso riteniamo indispensabile che il problema della raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani e industriali, vada affrontato con massima serietà a livello di amministrazione regionale.
Siamo convinti che oggi ci siano le condizioni per arrivare ad un sistema di raccolta differenziata spinta anche per i rifiuti industriali come quella dei rifiuti urbani, a vantaggio della salute, dell'ambiente e dei costi per l'utenza.
Ci sono altre soluzioni per risolvere il problema energetico, non solo quelle che portano esclusivamente interessi economici per le imprese private, che vanno ricercate con gli enti locali e le parti sociali nel rispetto dei vincoli ambientali e delle garanzie di sicurezza per gli impianti e i cittadini.
Votanti nÝ 42: favorevoli nÝ 33, contrari nÝ 0, astenuti nÝ 9
Ricerca dell'Ufficio Studi della Cgil trevigiana sullo stato del sistema produttivo. Crescita sottozero, perdita della ricchezza e produttività a picco. Per l'economia trevigiana gi indicatori restano ancora negativi.
Crescita sottozero, perdita della ricchezza pari allo 0,7%, produttività a picco. Sono questi i grandi mali del sistema economico trevigiano e le ragioni della continua emorragia di posti di lavoro e della persistenza di gravi stati di crisi aziendale nella Marca secondo una ricerca compiuta dall'Ufficio studi della Cgil, i cui risultati sono stati diffusi oggi.Nelle piccole e medie imprese, sprovviste di robusti ammortizzatori sociali, a soffrire maggiormente è il tessile,abbigliamento e calzaturiero, che perde il 23,52% (243 lavoratori) del totale dei messi in mobilità. Scricchiola anche il piccolo commercio, che in questi primi 5 mesi lascia sul campo 171 addetti, pari al 16,55% del totale dei licenziati. In affanno anche la metalmeccanica (154 addetti, il 4,91 dei licenziati) e l'edilizia (129 addetti, pari al 12,49 delle messe in mobilità).
Nelle aziende di dimensioni più grandi la congiuntura negativa travolge la metalmeccanica (273 mobilità, il 38,29% del totale), seguita dal tessile_abbigliamento_calzaturiero (149 addetti, 20.90%) e il legno (87 licenziamenti, pari al 12,20% del totale).
I profili professionali più a rischio rimangono quelli operai (l'81,35% dei licenziati nelle grandi imprese e il 76,38 nelle piccole) ma si segnala una crescente difficoltà anche per gli impiegati: da gennaio ad oggi hanno perso il lavoro 244 colletti bianchi delle piccole imprese e 133 di quelle più grandi.
Si registra inoltre un calo dello 0,8% delle esportazioni, dato che suggerisce un rallentamento della dinamica negativa ma che fa persistere la preoccupazione. Ad incidere sulle esportazioni della Marca sarebbero, secondo la Cgil, la specializzazione produttiva sfavorevole, troppo esposta alla concorrenza del low cost dei paesi emergenti, la crescita nel 2005 della fetta di produzione rappresentata dai beni non esportabili (servizi alla persona e attività immobiliari) e le delocalizzazioni, il cui effetto fa sì che la vendita all'estero di produzioni delocalizzate non rientri nelle statiche proprie relative ai volumi dell'export.
Per quanto riguarda l'edilizia, che ha trainato la crescita del Pil provinciale negli ultimi 5 anni, la Cgil segnala, nel 2005, una inversione di tendenza: si contrae infatti il volume d'affari e aumenta del 34% rispetto all'anno precedente l'utilizzo della Cassa integrazione.Dal 1999 al 2005, infatti, il PIL trevigiano è cresciuto, al netto dell'inflazione, di un valore pari al 7,4%(8,1% in Veneto, 9,5% in Italia). L'aumento della popolazione, che nella Marca ha segnato valori pari al triplo di quella della media nazionale, ha così azzerato la crescita economica. Solo nel 2005, il Pil è salito dello 0,1% mentre la popolazione è aumentata dello 0,8%, causando una perdita netta dello 0,7%.
Secondo gli analisti della Cgil di Treviso l'aggancio alla ripresa, per avere effetti positivi, dovrebbe portare ad un aumento del Pil, al netto dell'inflazione, pari al 1,2%, cioè oscillante fra il 2,5% ed il 3% in valori correnti. Una performance praticamente impossibile, tenendo conto che la produttività industriale in provincia di Treviso è del 16% più bassa di quella nazionale, fattore questo che ha fatto scivolare in sei anni la provincia dal 18esino al 38esimo posto nella classifica nazionale della ricchezza prodotta per abitante."E' giusto e legittimo guardare alla ripresina in atto con fiducia" ha commentato il segretario generale della Cgil provinciale di Treviso Paolino Barbiero "ma è anche doveroso non crearsi illusioni. Aggiustamenti marginali su singoli fattori avranno scarsa efficacia sul settore industriale, dove invece serve un riposizionamento competitivo strutturale. Di questo, più che di libertà di licenziamento, dovrebbero occuparsi e preoccuparsi gli imprenditori industriali.
Sempre che Unindustria ritenga ancora possibile una attività manifatturiera in provincia di Treviso. Se la competizione non sarà sostenuta da vera innovazione di prodotto e aggancio dei mercati più ricchi attraverso investimenti sulla qualità, la nostra manifattura, prima o dopo, è destinata a sparire quasi completamente. E non si capisce come, senza secondario di qualità, su cosa possa basarsi la crescita di un terziario che non sia soltanto servizi di pulizia o servizi alle persone che compensano il vuoto lasciato dal pubblico nel campo dell'assistenza. Gli effetti occupazionali di questa involuzione sono facilmente intuibili".
Gentile direttore,
il liberale Piero Ostellino ha recentemente fatto osservare come l'insistenza italiana sulla Resistenza sia un esempio di quanto, nel nostro Paese, manchi il senso dell'appartenenza ad uno Stato forte, fondato da valori condivisi.
E ricorda come ad esempio in Francia, paese che all'occupazione nazista e al collaborazionismo fascista ha versato un obolo forse persino maggiore del nostro, non ci sia bisogno di riferirsi alla lotta partigiana di liberazione per ritrovare orgogliose e condivise radici comuni; perché lì, in Francia appunto, uno Stato forte e una diffusa condivisione dei principi a cui esso si ispira esistono, sono trasversali e fortemente sentiti dalla popolazione come dai politici.
Questa "palla corda" leghista, questo "Aventino" anti Presidente della Repubblica agita sicuramente le fantasie secessioniste e anti italiane della classe dirigente leghista e probabilmente di una parte dell'elettorato del Carroccio, facendo magari un gran bene al loro bottino di voti in vista delle prossime amministrative.
Ma se darsi delle regole e riconoscere dei punti di riferimento istituzionali legittimi è un dovere della comunità , mettersi fuori dal perimetro istituzionale in maniera tanto evidente, clamorosa, goffa e nello stesso tempo violenta, è indubbiamente eversivo.
Di sicuro al Presidente della Repubblica spetta il compito di rappresentare ogni giorno l'unità della nazione; e ogni giorno sarà, per il Presidente Napolitano, giorno di esame dell'esercizio di imparzialità. Altrettanto certo è che chi si rifiuta di riconoscere le istituzioni o si richiama all'eversione fiscale, come fatto recentemente da Silvio Berlusconi, si mette fuori dalle regole democratiche e dalla democrazia stessa dello Stato di Diritto.
Costringendoci perpetuamente a richiamare la tragica e splendida esperienza della Resistenza non solo come grandioso e forse unico momento di unità del Paese e delle sue culture politiche antifasciste, ma soprattutto come evento di liberazione da coloro che, ieri come oggi, non riescono neppure a riconoscere agli altri il diritto di essere semplicemente politicamente diversi.| CAMERA DEL LAVORO DI TREVISO, Via Dandolo 4 - tel. 0422 4091 fax 0422 403731 | Risali la pagina |