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Archivio dei comunicati stampa della Segreteria e della Categorie.
Gentile direttore,
nei giorni scorsi il dibattito cittadino si è acceso sull'opportunità o meno di intitolare una via, una piazza o uno slargo alla giornalista Oriana Fallaci.
Quei nomi hanno insomma il potere di evocare un messaggio condiviso e trasversale, di essere monito di un valore da affermare nella scuola, nel lavoro, nella società dove purtroppo tutto si compra e si vende. Anche la vita.
La Fallaci, con tutto il rispetto, non unisce ma divide.
Nella fase più difficile della sua vita, quella di una vecchiaia adombrata dalla malattia, la giornalista toscana ha fatto una scelta: vestire la cotta di maglia di ferro e le armi della paladina di una civiltà che sentiva minacciata dal nuovo, incombente pericolo orientale.
Accettare il metodo della Fallaci a me è sembrato subito pericoloso; troppo semplicistiche le analisi, troppo drastica la sentenza su un mondo in realtà complesso e variegato come quello dei fedeli del Profeta Maometto. Utilizzando i criteri della Fallaci si dovrebbe allora misurare la storia dell'affermazione del Cristianesimo usando come metro la caccia alle streghe, pesare la tolleranza dei cristiani con le leggi ispirate alla Bibbia che in alcuni stati degli Usa mettono formalmente fuori legge l'adulterio, il sesso orale e la sodomia, confutare la morale civile cristiana attraverso la legislazione irlandese che, fino al 1999, prevedeva l'ergastolo per gli omossessuali.
Sappiamo che il cristianesimo non è questo. Lo sanno soprattutto gli uomini e le donne di fede: il messaggio evangelico è più potente e complesso di come lo interpreta il magistero della Chiesa o lo semplifica la morale rigorosa di alcune fedi protestanti. La forza del Verbo non si è imposta solo per gli editti di Costantino, le conversioni fatte a colpi di spada, i roghi degli eretici o l'epopea delle Crociate, quanto piuttosto per la sua capacità di rispondere e dare soddisfazione a bisogni immateriali della coscienza dell'uomo occidentale.La Fallaci, lo dico con il massimo rispetto per l'essere umano e la donna di cultura, non merita una via. Il suo messaggio scava un solco profondo fra chi si riconosce nell'ideologia dello scontro di civiltà, così banalmente cavalcato dalla politica, e chi crede nell'uomo, nella forza del dialogo, nella tolleranza non come gesto di resa ma come strumento di confronto. E' nella democrazia e nella civiltà liberale, che si affermano con solidi esempi di "virtuosità" e non con le guerre preventive che esportano modelli del tutto sconosciuti alle categorie politiche e culturali del vicino e lontano oriente.
La Fallaci non merita una via, a Treviso e credo neppure altrove, perché il suo è un linguaggio speculare a quello dei radicali islamici contro cui si scaglia: da quella parte c'è l'odio per Israele e l'America, una fede rigorosa, intransigente e impermeabile ai diritti civili, l'icona della causa palestinese, i martiri di Sabra e Shatila e quelli dell'Intifada; di qua c'è lo spregevole Satana Bin Laden, il fantasma dell' Iran integralista e pseudo potenza militare, la paura per i nuovi Ottomani alle porte di Vienna, l'affermazione e la difesa del sacrosanto diritto di Israele ad esistere in pace, i "nostri "martiri" di New York, Londra e Madrid".Il seme dell'intolleranza a priori figlia del "noi sempre buoni, loro sempre cattivi" è germinato: e oggi noi tutti ci accorgiamo di essere confusi e impauriti, guardiamo quelli con l'aspetto mediorientale interpretando la loro vicinanza a noi come una minaccia perché qualcuno, per follia personale o spregevole calcolo politico, predica in modo da costringerci ad una inguaribile isteria.
Nessuno può sottovalutare la minaccia che ci viene portata dalla follia assassina dei terroristi. Non di meno le nostre città meritano di più di vie intitolate a chi divide, agli apologeti della guerra più o meno giusta, più o meno benedetta.
Paolino Barbiero, Segretario generale Cgil provinciale Treviso
Il segretario generale della Cgil risponde al presidente della Provincia: "A28, il sindacato ha tutti i titoli per parlare di infrastrutture". Barbiero: "Affrontare il nodo della viabilità è, per la Cgil, affrontare una condizione essenziale per lo sviluppo del territorio. Non è compito di Muraro stabilire chi sia o chi non sia autorizzato a dire la propria opinione su una questione importante come questa".
"Occuparsi di infrastrutture significa occuparsi delle condizioni essenziali per lo sviluppo e quindi per la creazione di benessere attraverso il lavoro. Per questo quando la Cgil interviene sulla A28 non mi pare ci sia nessuna interferenza e nessun sconfinamento di competenze".Lo ha detto oggi il segretario generale della Cgil provinciale di Treviso Paolino Barbiero, rispondendo alle critiche mosse dal presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro, che aveva censurato le osservazioni del sindacato sull'apertura a Godega dello svincolo della A28".
"Come soggetto vivo e attivo nel tessuto sociale della Marca - ha precisato Barbiero - ci sentiamo di avere i titoli per fare valutazioni di merito su interventi infrastrutturali di grande importanza.
Se non è d'accordo con noi, il presidente della Provincia prenda semplicemente atto delle posizioni della Cgil, posizioni che peraltro invitano al dialogo e ad una valutazione più attenta sulle conseguenze dell'opera in oggetto, ma non si arroghi il diritto di dare o togliere la patente di parlare".
Dopo i proclami del Carroccio a Treviso il segretario provinciale Barbiero si dice preoccupato e sconcertato per le posizioni assunte dal partito di Bossi.
Sulle pensioni Lega Nord populista e irresponsabile.
"E' il leghista Maroni ad aver voluto lo scalone, così come è stato lo stesso ex ministro ad essersi dimostrato incapace di bloccare il tributo che il precedente governo ha voluto pagare al conflitto di interessi di Berlusconi e alle lobby degli assicuratori e delle banche stracciando il progetto relativo all'utilizzo del TFR per la previdenza complementare".
"E' paradossale - ha spiegato Barbiero - che la Lega lanci questa campagna demagogica, che si dimostra essere un tentativo di affondare le radici del consenso sfruttando sentimenti di preoccupazione per la riforma, quando il partito di Bossi dovrebbe piuttosto assumersi la responsabilità di aver messo, con l'ex ministro Maroni, il sigillo su un tentativo di riorganizzazione del sistema pensionistico che rompe l'equilibrio fra età e anzianità di contribuzione, che ignora la questione delle professioni usuranti, che non tiene in debita considerazione il futuro dei giovani, che ha messo da parte la previdenza complementare".
"Indipendentemente dall'esito del confronto - ha proseguito il segretario della Cgil trevigiana - e dalle rispettive legittime, ancorché non sempre condivisibili, posizioni che vengono assunte dai soggetti istituzionali, politici e dalle associazioni di categoria e rappresentanza sociale, è da irresponsabili cavalcare in maniera confusionale le ansie dei lavoratori fingendo di non vedere che i problemi ci sono e sono chiari: età di pensionamento e rapporto con gli anni di contribuzione, situazione dei giovani, stabilità del sistema, sostenibilità degli incentivi e dei disincentivi, residualità della vera previdenza complementare".
Il fatto che la Lega abbia voluto dichiarare guerra a queste bozze di riforma previdenziale proprio a Treviso, territorio dei cui interessi economici il Carroccio si sente rappresentante, è un pessimo segnale sullo stato dei rapporti tra i soggetti sociali e di quello che potrebbe essere il futuro scenario politico, improntato ad un caotico e strumentale scontro su tutto e non al confronto serrato ma aperto al dialogo e quindi costruttivo, per la tutela futura di milioni di persone".
Ufficio Stampa
Dopo un'intervista al presidente della Camera di Commercio Tessari il segretario generale della Cgil provinciale di Treviso Barbiero precisa la situazione.
Ricollocamento, attenzione alle valutazioni superficiali.
Ancora molte le variabili da risolvere e i problemi sul tappeto, in particolare per quanto riguarda i lavoratori più anziani. Barbiero: "Numeri ancora troppo vaghi e la Provincia non riesce ancora a fornire dati aggiornati sulle uscite e gli eventuali reingressi".
"Innanzitutto - ha spiegato Barbiero - bisogna stare attenti a non fare confusione con i numeri. I mille a cui fa riferimento Tessari non sono i disoccupati complessivi, ma rappresentano invece un gruppo di lavoratori che si è detto disponibile a seguire i processi di riqualificazione e ricollocamento promossi sia dai Centri per l'Impiego provinciali che dall'Agenzia, di cui è parte anche il sindacato, su un totale di 6.000 persone in mobilità per effetto dell'applicazione della legge 223/91 o 236/93. Di fatto, però, il numero di 6.000 difetta del mancato aggiornamento da parte degli uffici provinciali, che non riescono a fornire un dato preciso relativamente al censimento dei disoccupati in cerca di lavoro. Quindi le dimensioni del fenomeno sono approssimate per difetto".
"Va detto - ha proseguito il segretario della Camera del Lavoro - che molte persone hanno già avuto contatti con le agenzie di somministrazione (ex interinali), che sono il soggetto strumentale che attua direttamente la ricollocazione per l'Agenzia per il Reimpiego; le esperienze negative, legate al fatto che le agenzie in passato non hanno seguito alcuni di questi lavoratori a causa della loro età o delle qualifiche, rappresenta un grave elemento di disincentivazione"."Quello che abbiamo invece chiaro - ha precisato Barbiero - è che va smontato il luogo comune secondo cui molti lavoratori preferiscono vivere di ammortizzatori sociali; molto spesso, infatti, al termine di percorsi di riaccompagnamento al lavoro, sono le aziende stesse a rifiutarsi di assumere le persone, nella maggioranza dei casi a causa dell'età".
"Tutto questo - ha concluso Barbiero - per dire che c'è ancora molto da fare e che non è opportuno presentare prospettive troppo ottimistiche senza aver ben presente la complessità della situazione. Il punto non è quello di scontrarsi tra chi dice che va tutto bene e chi invece individua ancora pesanti criticità sul sistema occupazionale trevigiano, ma piuttosto si tratta di lavorare con metodologie appropriate, senza riserve mentali, per ottimizzare i sistemi, ponendo come prioritaria la riforma dell'intera struttura pubblico-privata che presiede alle dinamiche di uscita e reingresso da e nel mercato del lavoro, a partire dall'intreccio fra cassa integrazione e incentivazioni. Ma soprattutto chiediamo al partner pubblico Provincia di Treviso una maggiore attenzione sull'attendibilità e l'aggiornamento delle informazioni che riguardano i flussi di ingresso e uscita: altrimenti si finirà per lavorare su dati imprecisi e farsi una idea sbagliata della realtà, mettendo in campo politiche inefficienti che producono sprechi di risorse pubbliche, cioè soldi della collettività".| CAMERA DEL LAVORO DI TREVISO, Via Dandolo 4 - tel. 0422 4091 fax 0422 403731 | Risali la pagina |