![]() |
Questo men¨ consente la consultazione dell'archivio dei comunicati stampa.
Alcuni documenti possono essere allegati in formato Acrobat Reader.
Se non si dispone del plug in cliccare qui:
Archivio dei comunicati stampa della Segreteria e della Categorie.
Ricerca dell'Ufficio Studi della Cgil di Treviso sui salari del 2007
Lavoro, per i dipendenti trevigiani è emergenza reddito.
Per l'85% non si va oltre i 30 mila euro lordi, donne pagate il 28% in meno dei maschi. Agli stranieri il 25% in meno degli italiani.
Redditi medi bassi a causa di un posizionamento produttivo su settori oramai incapaci di esprimere valore aggiunto, fortissime disparità tra uomini e donne, stranieri molto meno pagati rispetto ai colleghi italiani. Con un dato che salta immediatamente all'attenzione: per il 34% dei lavoratori il netto mensile è sotto i mille euro.
Sono i risultati a cui è giunta una ricerca, condotta dall'Ufficio Studi della Camera del lavoro di Treviso in collaborazione con l'Osservatorio permanente sul Fisco Veneto del Caaf Cgil Nord Est, che ha preso in esame le dichiarazioni 730 di 44.600 lavoratori dipendenti di aziende e enti pubblici del trevigiano, relative ai redditi percepiti nell'anno 2007.
Male invece il tessile-abbigliamento (-18% rispetto alla media) e gran parte del comparto del sociale privato e terzo settore: -28% per gli insegnanti e gli operatori dell'istruzione, - 31% nella sanità e nell'assistenza, con picchi verso il basso che arrivano ad appena 14 mila euro lordi annui.
Sempre per quanto riguarda assistenza, sanità e istruzione, va un po' meglio per i dipendenti pubblici, che hanno redditi allineati alle medie provinciali. Lo stipendio più basso è quello pagato nel settore del turismo e della ristorazione, dove maggiori sono frequenti e diffusi i rapporti di lavoro discontinui: 14.100 euro lordi annui di media. Decisamente migliore è la situazione nel commercio, dove lavora circa il 18% del totale degli occupati e che, grazie anche all'insistenza della grande distribuzione, riporta il lordo annuo oltre i 20 mila euro. Mentre nettamente superiore alla media, con picchi anche del +60%, è l'intero settore finanziario e bancario.
"Questa analisi indica chiaramente come sia urgente un intervento approfondito, spiega il segretario generale della Camera del Lavoro di Treviso Paolino Barbiero, e non interventi sporadici e una tantum. Né bastano correttivi su pezzi interemittenti e non stabili del salario, come sono gli straordinari e i premi aziendali. Peraltro proprio quest'ultimo provvedimento non inciderà quasi per nulla sui lavoratori che stanno peggio, perché nei settori in crisi non c'è né straordinario diffuso, né tanto meno si erogano premi aziendali".
"La questione salariale è certamente legata anche alla struttura fiscale , ha proseguito Barbiero, quindi è necessario porsi il problema di come fare a disegnare una operazione sostenibile che da un lato aiuti il reddito dei lavoratori e dall'altra riduca la pressione sull'impresa. Ma non si può pensare di rilanciare l'economia e recuperare competitività solo attraverso la fiscalità: lo studio della Cgil mette in mostra in maniera netta e inequivocabile come i settori forti sono in grado di pagare salari forti e garantire occupazione più stabile e professionalizzata. Invece ci sono comparti dove la redditività è minima e in cui c'è una forte spinta alla massima contrazione del costo del lavoro, necessaria quando si compete con economie emergenti, così da scaricare le maggiori incertezze dell'impresa sul lavoro precario e mal pagato. Infine, rimane il nodo del privato sociale, che spesso costa alle famiglie, che di frequente è sostenuto anche con contributi pubblici, e che alla prova dei fatti non riesce a generare una buona occupazione sotto il profilo salariale"."La sfida della competitività e della produttività non ha solo a che fare con il quanto si lavora, ha concluso il segretario generale della Cgil provinciale di Treviso, ma anche con il come e cosa si produce attraverso maggiore innovazione. Se non lo so si capisce in fretta, o si continua a non ammetterlo, tanto vale sapere da subito che il tanto decantato rilancio della ripresa economica rischia di non dare quei risultati necessari alla crescita reale del reddito dei lavoratori e delle lavoratrici".
Ufficio Stampa
Gentile direttore,
l'indagine della Fondazione Nord Est sugli effetti e l'utilizzo nel Veneto della Legge 30 sul mercato del lavoro mette bene in luce tutte le contraddizioni di una riforma che, nella sostanza, vede prevalere più gli elementi ideologici che quelli funzionali ad un miglioramento delle condizioni del lavoro.
Contrariamente a quanti molti continuano a sostenere, a volte con un uso dei numeri e delle statistiche a metà tra il disinvolto e lo sconcio, la flessibilità all'italiana non produce nuovi posti di lavoro, né favorisce l'occupazione dei giovani. A dirlo non è la polemica di matrice sindacale, lo certificano invece, come puntualmente sottolineato dal suo giornale, gli imprenditori.
A cinque anni dalla sua adozione la legge 30 registra un inesorabile fallimento rispetto agli altisonanti propositi e intenti dei firmatari: precarizza il lavoro, complica l'impianto burocratico (basti pensare alla procedure per i contratti a progetto) manca di quella parte essenziale, pensata e ben descritta dal giuslavorista Biagi nel suo libro bianco, relativa al welfare esteso e moderno.
La legge 30 non risponde alle esigenze dell'impresa italiana se non in minima parte, e pochissimo riguarda, o può essere utile, a quella nordestina. A queste aziende, infatti, servono principalmente due cose: innovare per uscire dalla palude della concorrenza del basso costo sulla gamma bassa dei prodotti; e ridurre i costi di produzione. Entrambe sono cose importanti; ma la seconda va raggiunta non a scapito dei diritti dei lavoratori, della qualità e della sicurezza dell'occupazione e delle persone, come invece avviene oggi.Di fronte al riconoscimento da parte delle imprese della sostanziale inefficacia e inutilità di questo impianto normativo, che della flessibilità adottata in altri paesi riprende pomposamente e in maniera velleitaria solo i nomi dei contratti ma non la sostanza, abbiamo due possibilità: o continuare ad affrontarci in una discussione in cui gli elementi ideologici la fanno da padrone (con eccesso di polemica e politica smaccatamente e volutamente anti sindacali) o provare ad affrontare la vicenda con un po' più di praticità e anche di efficienza.
Non va negata l'incidenza che la flessibilità può avere, in senso positivo, su alcuni processi produttivi, ma va rimarcata la necessità di non trasformare la flessibilità in precarizzazione del rapporto di lavoro, e quindi della vita. Non sarebbe né etico ne utile.
Polemiche sulle norme che regolano l'espatrio temporaneo dei figli dei migranti.
Appello del segretario della Camera del lavoro di Treviso ai ministri Zaia e Sacconi.
E' l'appello formulato oggi dalla Cgil di Treviso, per bocca del segretario generale della Camera del Lavoro di Treviso Paolino Barbiero, ai ministri trevigiani Luca Zaia e Maurizio Sacconi, ai quali si chiede di "essere sensibili al problema e di attivarsi presso il Ministero dell'Interno".
"Questo pasticcio burocratico – ha detto oggi Barbiero – è legato alla procedura per il rinnovo e aggiornamento del titolo di soggiorno ed alla documentazione necessaria all'espatrio per chi rimane in attesa del rinnovo stesso, a causa delle lungaggini del percorso necessario all'ottenimento. Il tutto pensato solo per gli adulti, non per i bambini figli di migranti e nati in Italia.""In realtà – ha precisato il segretario generale della Cgil provinciale – la Questura di Treviso si è già adoperata per applicare una disposizione tampone, ma a causa della enorme mole di lavoro a cui è sottoposto il personale, le prenotazioni per l'ottenimenti dei documenti utili per l'espatrio e il rientro dei minori sono già state portate a settembre, costringendo di fatto molti lavoratori stranieri a rinunciare al viaggio nel paese di origine durante le ferie estive. Per questo la nostra proposta è di bypassare la procedura degli appuntamenti e attivare uno sportello, anche grazie all'apporto di lavoratori interinali, a cui gli stranieri possano presentarsi semplicemente con il certificato di nascita italiano e una fotografia per l'identificazione del neonato".
"Questa situazione – sottolinea Barbiero – ripropone peraltro l'oramai endemico problema legato al sottodimensionamento del personale occupato all'ufficio stranieri della Questura trevigiana, ad esempiomolto inferiore a quello dello stesso ufficio della Questura di Venezia, che tuttavia ha a che fare con un numero di cittadini migranti che sono poco più di 40.000 rispetto agli oltre 80.000 della provincia di Treviso.""Dopo un anno dalla grande manifestazione organizzata da CGIL CISL e UIL e le Associazioni dei Migranti, i problemi si sono aggravati. Oltre dodici mesi di attesa per rinnovare il permesso di soggiorno, lo stesso, quando va bene, per i ricongiungimenti, senza dimenticare le richieste di Nulla Osta all'assunzione di lavoratori stranieri, dove si stanno smaltendo ancora le code dei flussi 2006."
"I Ministri e i Parlamentari trevigiani, ma anche le categorie economiche – ha concluso Barbiero - , devono farsi carico del problema, per dare dignità ai lavoratori stranieri regolari e ai loro figli nati in Italia e trovare le risorse necessarie per mettere la Questura di Treviso nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro con i mezzi, spazi e numero di personale adeguati."
| CAMERA DEL LAVORO DI TREVISO, Via Dandolo 4 - tel. 0422 4091 fax 0422 403731 | Risali la pagina |