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Archivio dei comunicati stampa della Segreteria e della Categorie.
Gentile direttore,
quella che sta per concludersi è stata indubbiamente una campagna elettorale deludente, forse, sospetto io , anche per il clima da esito scontato che circonda la consultazione in programma nel prossimo fine settimana.
Il dato di fatto è comunque l'assenza del dibattito rispetto alle grandi sfide a cui questa Regione è chiamata nei prossimi cinque anni e quindi alle grandi scelte che dovranno necessariamente essere fatte per dare una risposta soddisfacente al bisogno di ripresa, sociale ed economica.
Il tutto condito, grazie anche a qualche interessante reportage giornalistico, dalla sgradevole sensazioni di vivere un'epoca da Bsso Impero, in cui la politica dei sistemi di potere più che ad una stagione di governo si prepara ad inaugurare un lungo regime.
Il sindacato non poteva ragionevolmente rimanere fuori dal dibattito; ecco perché, come Cgil, abbiamo messo a disposizione dei partiti e dei candidati una serie di questioni su cui dibattere e confrontarsi, vere e proprie priorità del e per il Veneto. Iniziando, ad esempio, dal nodo lavoro, legato a doppio filo alla necessità di dare alle nostre imprese degli strumenti e una cultura economica che permettano di continuare a crescere, di uscire dall'illusione del modello "piccolo e bello" che oramai non può più reggere alla competizione globale, di costruire un modo nuovo e più efficace di essere e fare azienda, anche rispetto ai rapporto, sempre più difficile, con il modo del credito.
Senza dimenticare il nodo della sanità, dell'assistenza, delle politiche famigliari, dell'immigrazione intesa come necessità di costruire e realizzare un modello anche territoriale per l'integrazione.
Per dare risposta a queste questioni non basta l'immaginazione del bravo oratore, né basta un bravo staff di comunicatori. Servirebbe invece proprio quello che, purtroppo, è mancato o non è stato reso sufficientemente evidente in questa campagna elettorale: parlare delle cose concrete con un linguaggio concreto e di verità, non annunciare ma presentare al cittadino un'agenda dei primi 100, 200 o 300 giorni, spiegando con quali risorse si potranno fare le cose.
Paolino Barbiero, Segretario generale Cgil provinciale Treviso
Dall'urna esce una prima indicazione chiara: la crisi in atto, malgrado le titubanze del governo, non punisce i partiti di maggioranza. La seconda è che la Lega a Treviso diventa la roccaforte del voto popolare, dando vita ad una migrazione dei poli della politica che vede transitare il consenso tradizionalmente rivolto verso le formazioni di centro sinistra e sinistra dall'altra parte della barricata elettorale.
Fenomeno rivoluzionario, verrebbe da dire - per quanto parta da lontano - dalle dimensioni epiche. I numeri dicono che, tenendo conto dell'astensionismo, un elettore su tre, in questa provincia, vota Carroccio. Tra chi invece è andato alle urne, la percentuale sale quasi a uno su due. Questo fa della Lega Nord a Treviso una vera, forse in questo momento l'unica, forza popolare, trasversale alle classi sociali, alle generazioni e alle professioni. Con una capacità di penetrazione notevole, come non ha mancato di sottolineare il segretario regionale e sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo, tra gli operai, cioè quello che dovrebbe essere un tipico bacino elettorale delle cosiddette forze progressiste.Si potrebbe dire che la Lega, con le sue ricette, indica la Luna ma riesce a far guardare il dito. Se è così, viene anche ragionevolmente da chiedersi perché dall'altra parte della barricata elettorale non si riesca ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica, e a farlo in maniera convincente, sul bersaglio grosso, sul cuore dei problemi.
La Lega convince parlando di risorse, soprattutto le tasse, da tenere nel territorio; lo fa semplificando sulla questione degli immigrati mostrando il bastone di Gentilini e la carota di Zaia, seduce i cassaintegrati attribuendo i mali dell'economia italiana parlando di cinesi, suggestiona sulla sicurezza dando nome e cognome ad un pericolo generico, cioè usando ancora gli immigrati e così rendendo l'allarme più percepibile e quindi più vero.
Ad esempio la questione federalista e il fastidio per uno Stato idrovora, che chiede e che eroga prestazioni sociali sempre meno di qualità, è sicuramente di sinistra. E' di sinistra affrontare con realismo il tema del welfare nell'assistenza, di fronte all'invecchiamento della popolazione, all'allungamento dell'età media, alla sfida di un modello sanitario che non può solo continuare a reggersi sulla privatizzazione delle prestazioni e l'importazione di badanti dall'estero.
Come è di sinistra una idea di federalismo che porta più vicino ai cittadini il livello di potere, semplifica e migliora il processo democratico, permette di realizzare una governance territoriale del fisco che incida sul serio consentendo di ridurre la pressione sulle buste paga dei lavoratori anche mettendo ordine, controllando meglio, alla giungla delle tariffe locali.
Paolino Barbiero,segretario generale Cgil Provinciale Treviso
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