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Archivio dei comunicati stampa della Segreteria e della Categorie.
Nella nostra Costituzione il lavoro è elemento fondativo della Repubblica Italiana, per la sua principale caratteristica di essere il luogo di realizzazione della persona in cui si crea ricchezza e benessere, garantendo crescita e sviluppo per l’intera comunità.
Ma l'elemento fondativo risiede anche nel fatto che il lavoro è lo strumento insostituibile attraverso cui si costruisce e si cementa la coesione sociale nella condivisione dei valori politici e civili, della democrazia e del progresso.
Difendere il lavoro come valore costituzionale significa richiamarsi alla sua tutela in tutte le sue forme, promuovere l'elevazione professionale dei lavoratori, il diritto alla retribuzione proporzionata alla quantità e qualità dell'occupazione come strumento per affermare la dignità e la libertà della persona.
Da tutto questo si comprende perché consideriamo il lavoro come un bene da tutelare non solo perché garantisce un reddito individuale e famigliare, ma anche e soprattutto perché è un “bene pubblico” che determina il futuro e la sicurezza sociale dei lavoratori e dei pensionati, senza i quali vengono a mancare i presupposti del ‘patto di cittadinanza’ che ha fatto dell’Italia uno dei Paesi più sviluppati del mondo.
Per queste ragioni, Cgil, Cisl e Uil di Treviso, per la Manifestazione del 1° maggio, hanno deciso il riferimento al primo articolo della nostra Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavor”.Con la crisi attuale, la perdita del lavoro rappresenta anche il venir meno di quella dignità di cui ogni uomo e donna sono portatori, una dignità costituita dal rispetto di sé e dalla consapevolezza di contribuire al bene della propria famiglia e dell’intera collettività.
Stiamo ora vivendo, con grande preoccupazione, la trasformazione della nostra realtà territoriale da luogo in cui abbondavano le opportunità di lavoro a luogo in cui la disoccupazione è aumentata quantitativamente e modificata qualitativamente.
Il sistema produttivo trevigiano vede in lontananza una ripresa che si annuncia comunque lenta ed altalenante e che non sarà in grado, nel breve periodo, di farci recuperare al lavoro tutte le persone oggi licenziate o coinvolte nelle numerose procedure di Cassa Integrazione.
Dal 1° Maggio 2010 Cgil, Cisl e Uil vogliono fare scaturire un rinnovato impegno del sindacato trevigiano nel coinvolgere tutte le parti sociali ed istituzionali nel comune obiettivo di realizzare un PATTO PER IL RILANCIO DELLO SVILUPPO TREVIGIANO, che abbia al centro la promozione del lavoro e la tutela dei lavoratori come strumento di avanzamento sociale e di progresso economico e civile della nostre comunità.
Paolino Barbiero, segretario generale Cgil provinciale Treviso
L'associazione sarà ospitata presso la sede della Camera del Lavoro provinciale.
L'Arcigay Treviso riprende l'attività grazie alla Cgil.
Risolte le difficoltà logistiche attraverso l'accordo trovato con il sindacato.
"La CGIL di Treviso permetterà all'Arcigay della Marca di riprendere le attività, interrotte proprio per difficoltà logistiche, offrendo ospitalità all'associazione stessa presso la sede della Camera del Lavoro provinciale.
Con questo gesto, il più importante Sindacato della Provincia dimostra che il suo impegno per i diritti sociali trova completamento nella rivendicazione di nuovi diritti civili".
Questa è un'ulteriore conferma della volontà di queste due organizzazioni di collaborare insieme per la rivendicazione di Diritti, di Solidarietà e Unità nazionale, di Legalità.
"La Cgil - ha spiegato Paolino Barbiero, segretario generale della camera del Lavoro di Treviso - assume nel suo Statuto i valori delle libertà personali, civili, economiche e sociali, e promuove i diritti delle persone a prescindere dalla loro appartenenza etnica, di fede religiosa, nazionalità e appartenenza di genere e orientamento sessuale. La collaborazione offerta all''Arcigay arricchisce la politica di promozione della giustizia sociale in questo territorio, quale presupposto fondante di una società democratica e avanzata".
La maxitruffa nei confronti di centinaia di immigrati che hanno pagato migliaia di euro per falsi corsi di formazione e posti di lavoro fasulli, mette in evidenza una realtà che non può che preoccupare sia per gravità che per dimensioni.
La vicenda non è infatti maturata in un ambito ristretto ma coinvolge un gruppo di aziende, industriali e non, i cui titolari privi di “troppi scrupoli” si sono prestati a fornire un appoggio alla Forcoop, la società di formazione che “reclutava” gli stranieri per poi abbandonarli in clandestinità.
Quanto successo richiama inoltre le responsabilità della Regione e della Provincia (cui fanno capo i Centri per l’ Impiego) che avrebbero dovuto controllare gli stage formativi, tanto più che la Forcoop è accreditata presso la Regione.
In attesa degli ulteriori sviluppi di quest’indagine, seconda tappa di un’inchiesta che già un anno fa aveva scoperchiato un giro di truffe analoghe, la Cgil regionale e di Treviso invita la società veneta, a partire dagli imprenditori e dalle istituzioni, ad una maggiore vigilanza ed impegno contro le forme di sfruttamento di cui sono facili vittime i lavoratori stranieri e che favoriscono comportamenti illeciti e criminosi come quelli ora venuti alla luce.
Un plauso va alle forze dell’ordine per la brillante operazione compiuta.
Gentile direttore,
abbiamo voluto tutti che le celebrazioni del Primo Maggio fossero qualche cosa che restasse, non solo l'ennesimo rito, per dare un segno tangibile, l'ennesimo, di come il mondo del lavoro guarda con preoccupazione alla crisi che è ancora in atto, che è ben lontana da una soluzione e i cui effetti vanno ben oltre i tentativi risibili e francamente persino fastidiosi di minimizzazione in atto da parte di una certa politica e non solo.
La Festa dei Lavoratori del 2010, per la provincia di Treviso, è in effetti una data che non sarà facile dimenticare: è stata la giornata della rinnovata unità sindacale, non solo su un piano simbolico; è stata l'occasione di una manifestazione in città partecipata soprattutto dalle Istituzioni locali ed è stata una festa di popolo: non il popolo dell'opposizione ma anche quello degli elettori leghisti, ad esempio.
Ma rispondere all'evidenza di una evasione larga insistente puntando il dito contro il doppio lavoro degli operai, come ha fatto il presidente di Confartigianato Mario Pozza, è come guardare alla pagliuzza e non alla trave. Né basta prendersela sempre e solo con il solito mostro, cioè il Fisco. E' vero: il fisco italiano è da riformare. Lo sanno soprattutto i lavoratori dipendenti, su cui le imposte pesano come un macigno e che non hanno, al contrario di altri, nessuna possibilità di evaderle.
Il Fisco italiano è sbagliato soprattutto perché è il braccio armato di una Paese sbagliato, che consuma risorse in inefficienze, a partire dai costi smisurati della politica, e che fa pagare ai territori, attraverso il patto di Stabilità interno, il prezzo degli equilibri finanziari imposti dall'Unione Europea. Scelta comoda: perché la responsabilità per la mancanza o la cancellazione dei servizi , penso soprattutto alla stretta sui servizi sociali, non la paga in termini elettorali il governo centrale, che può continuare a farsi bello a Porta a Porta declamando numeri e risultati che non esistono, ma i sindaci, eletti a suffragio universale come capri espiatori.
Il G8 sociale di Roma, tenutosi lo scorso anno, aveva come titolo "People First", cioè la gente per prima. People First pre è uno slogan che guarda alla sostanza, sottolineando un valore forte, e quindi ai risultati concreti della politica.
I risultati che si attendono i trevigiani e le trevigiane senza un lavoro non sono gli inviti a costituire cooperative di servizio, che lavorino per i Comuni, magari in concorrenza una con l'altra per arrivare al punto che le amministrazioni pubbliche facciano economia grazie al mercato della crisi e ai prezzi stracciati che magari si riescono ad ottenere in questo modo.
Certo, meglio incentivare il lavoro che l'assistenza; ma quando non c'è cibo in frigo, nè euro per pagare il mutuo, il primo soccorso ha a che fare con il welfare, non con occupazioni solo vagheggiate.
Perché è complicato arrivare domani alla costituzione di una cooperativa, come piacerebbe al Presidente della Provincia Muraro, se oggi non ci sono neanche i soldi per pagare la mensa scolastica dei figli , come oramai succede sempre più di frequente.
Gentile direttore,
sono d'accordo con quanto ha scritto il presidente della Regione Veneto Luca Zaia su questo giornale, dove sostiene che il mercato del lavoro moderno ha bisogno di flexsecurity, cioè di strumenti di ammortizzazione sociale attiva e passiva, oggi si dice "welfare to work", non solo per tutelare le condizioni dei lavoratori con contratti instabili, ma anche per attivare meccanismi di qualificazione delle loro professionalità.
Vorrei che fosse però chiaro ai lettori che se oggi la flexsecurity in Italia non esiste è perché chi ha fortemente voluto la flessibilità contrattuale, nel 2003, non ha ugualmente voluto che il welfare per gli atipici fosse parte integrante della legge 30.
Non è ad esempio quello che succede per la cassa integrazione, pagata da imprese e lavoratori, o per le azioni di welfare complementare nell'artigianato e nel commercio, finanziate dalla bilateralità, cioè ancora aziende e lavoratori.
Mettere a carico delle imprese una quota per un fondo destinato alla flexsecurity avrebbe invece depotenziato, anche se in parte, la ratio della legge 30, che non era quella di introdurre elementi di flessibilità positiva ma ricercare nuovi territori di competitività attraverso la drastica riduzione del costo del lavoro e dei diritti, come si persevera a fare oggi ad esempio con la norma sull'arbitrato, severamente criticata anche dal Presidente della Repubblica.
Una politica assolutamente fallimentare, perché i nuovi contratti hanno sì portato ad un lieve incremento del tasso di attività, ma posizionando la nuova occupazione prevalentemente su fasce professionali medio basse e precarizzando in maniera indecente il lavoro di qualità, ad esempio quello nella ricerca.
Paolino Barbiero, segretario generale Cgil provinciale Treviso
Il segretario generale provinciale: attenersi alle nuove regole senza tentare di aggirarle.
Tariffe dei rifiuti, la Cgil: no a furberie sull'Iva.
Una partita da 85 milioni e mezzo di euro all'anno di fatturato e che interessa trecentosessantamila utenze.
Barbiero: "Giusto togliere l'imposta sul valore aggiunto alle famiglie, i consorzi non devono tentennare ma cogliere l'occasione per razionalizzare la filiera". E sui costi: "Attenzione all'applicazione della tariffazione puntuale, servono calmierazioni per le famiglie numerose e mono reddito, con i gestori servirà aprire una trattativa sul modello di quanto già realizzato con l'Ascopiave".
La Cgil di Treviso punta la lente di ingrandimento sulla questione dei costi sostenuti dai trevigiani per il servizio di asporto e smaltimento dei rifiuti urbani, una partita che, ad esclusione delle utenze industriali e speciali, riguarda in provincia 359 utenze.
"E un fatturato - spiega Paolino Barbiero, segretario generale della Camera del Lavoro di Treviso - che vale circa 85 milioni di euro, su cui pesano gli otto milioni e mezzo di Iva al 10% pagati dalle famiglie e dalle attività economiche. Un peso che è giusto togliere, è una imposta completamente traslata e assorbita dalle utenze familiari senza possibilità di scaricarla".
La Cgil provinciale, che chiede ai Comuni di sfruttare l'eliminazione dell'Iva "come occasione per riorganizzare il servizio, senza la tentazione di conservare l'Iva al 10 come strumento di compensazione positiva di quella al 20% applicata agli acquisti di beni e servizi da parte dei consorzi" indica le priorità per un servizio di qualità, efficiente, a costi che non rappresentino un sostanziale inasprimento della pressione fiscale per i trevigiani.
"In vista degli accorpamenti profilati - ha puntualizzato Barbiero - le priorità devono essere l'uniformità della tariffa tra i diversi ambiti soprattutto in ragione dell'estensione graduale del porta a porta; affrontare in maniera pragmatica la questione della porzione di rifiuto non riciclabile, verificando le disponibilità degli attuali impianti di termovalorizzazione in Regione per ridurre verso lo zero i conferimenti nelle discariche, che sono una bomba a orologeria che mette in pericolo le falde acquifere.
Serve poi spingere per una politica di riduzione della produzione di rifiuti a monte, sostenendo soluzioni che rivoluzionino il packaging e perfezionare i meccanismi di selezione del rifiuto, dal momento che la forbice tra materiale riciclabile raccolto e quello effettivamente utilizzato nei processi di recupero è ancora troppo larga a causa delle cattive condizioni con cui il materiale stesso arriva alle lavorazioni".
Ufficio Stampa
Doppi incarichi e poltrone d’oro nel trevigiano.
Cgil: stipendio medio, riferimento per i compensi pubblici.
Barbiero: “Basta farse e strumentalizzazioni.
Che sia la classe politica della nostra provincia a dimostrare credibilità operando un serio ridimensionamento degli stipendi di politici e amministratori pubblici, verso una maggiore equità sociale.”
“Basta con la farsa. L’esercizio dei tagli alle indennità dei politici e affini non può essere l’ennesima strumentalizzazione partitica. Per chiedere sacrifici ai cittadini, lavoratori e pensionati, la classe politica trevigiana dimostri credibilità e non becero populismo.”
“E questo non è difficile capirlo quando leggendo i giornali ritroviamo l’elenco dei nostri politici locali che rivestono contemporaneamente più di un incarico, sindaco e assessore, parlamentare e sindaco, consigliere provinciale e comunale e via dicendo. A chi siede su due poltrone, si aggiunge la lunga lista dei compensi di presidenti e consiglieri delle aziende, dei consorzi e delle società partecipate trevigiane. Cifre da capogiro – ha aggiunto Barbiero - per mantenere e arricchire una classe dirigente figlia della politica più che del merito. Top manager che negli ultimi anni invece di congelare i loro guadagni, anche alla luce della continua crescita delle tariffe fatte pagare agli utenti dei servizi di tali società, hanno ben pensato, di alzarli a dismisura.”
“Un’operazione fatta in questi termini - ha detto Barbiero - non mette mano sui veri sprechi e le ingiustizie del sistema. Non ha importanza chi opera il taglio o chi viene colpito. Se non è tutta la classe politica, a tutti i livelli, a ripensarsi riequilibrando gli stipendi di politici e amministratori pubblici secondo le dinamiche salariali di altri soggetti appartenenti al pubblico impiego, non si potrà mai attenuare il divario tra i loro irraggiungibili compensi e il reddito medio di lavoratori e pensionati.”“Proprio questa dovrebbe essere la logica che muove una ridefinizione degli stipendi dei politici e amministratori pubblici: - ha spiegato Barbiero - la definizione dello stipendio medio. Che nasca dalla valutazione dello stipendio di chi lavora, anche rischiando la vita, per 1.200/1.500 euro mensili, contribuendo alla ricchezza del Paese. Senza dimenticarsi che il 90% dei pensionati, dopo quarant’anni di lavoro, percepisce una pensione che oscilla tra i 700 e i 2.000 euro al mese, quando continuiamo a pagare vitalizi e pensioni d’oro a deputati e senatori, sulla base di pochi anni di contribuzione.”
“Non vogliamo il 5% in meno, vogliamo molto di più, vogliamo una presa di coscienza della classe politica locale e italiana. È allora indispensabile, - ha concluso Barbiero - se si vuole dare seriamente un segnale forte di responsabilità, anche in vista di una nuova dinamica federalista, che sia la virtuosa provincia di Treviso a fare il primo passo verso una maggiore equità e verso un sistema più funzionale, capace di liberare risorse da investire nel mondo del lavoro e nel sociale.”Ufficio Stampa
Rapporto dell'Ufficio Studi della Cgil provinciale sul primo quadrimestre del 2010.
Occupazione ancora giù, la crisi travolge i giovani nelle PMI.
Persi, in quattro mesi, 3.174 posti di lavoro, contro i 6.822 di tutto il 2009.
Nelle piccole imprese boom di licenziamenti degli under 40.
Barbiero: "Ci attendiamo un peggioramento e c'è la stagnazione delle politiche anticicliche. Sulla situazione pesa l'incognita della cigs da rinnovare, senza ripresa si passerà dalla cassa alle procedure di licenziamento".
Non si ferma l'emorragia di posti di lavoro nella Marca.
E a fare le spese dei licenziamenti sono sempre di più i lavoratori giovani.
CROLLO NELLE PICCOLE - A pagare maggiormente il prezzo del ciclo negativo sono le piccole imprese, che fanno registrare 2.153 licenziamenti. E i licenziati, che nel caso delle pmi sono senza indennità e copertura previdenziale e non sempre sono nelle condizioni di accedere del sostegno dato dalla disoccupazione ordinaria e/o dai requisiti ridotti, sono prevalentemente giovani. Il 57% si colloca infatti nella fascia fino ai 40 anni, con punte del 36% sul totale tra i 31 e 40 anni. Il 31% ha tra i 41 e i 50 anni, solo il 12% tra i 51 e i 60.
Secondo il rapporto dell'Ufficio Studi, si tratta di un indicatore "dell'alto livello di precarizzazione dei livelli occupazionali nella parte più diffusa del sistema economico, segnale, a sua volta, dell' instabilità del sistema, con prospettive di vera ripresa ancora lontane, cicli produttivi a breve altalenanti e scarse prospettive future di consolidamento finanziario e di ripartenza dei fatturati".
Sempre nelle piccole imprese, il 43% dei licenziati sono donne, dato in crescita rispetto all'anno passato, mentre si conferma la predominanza delle figure operaie, che sono il 75% tra quelli che hanno perduto il lavoro, contro il 25% di impiegati. Il 30%, infine sono stranieri.
Le maggiori difficoltà, nella classifica per settori rispetto ai licenziamenti, in quasi 500 realtà d'impresa, si segnalano in edilizia (21% del totale dei licenziati), nel metalmeccanico (20%), nel commercio (18%), nel sistema tessile-moda-calzature (11%)e nel legno arredo (9%).
POLITICHE ANTICLICHE IN STAGNAZIONE - "Mentre la crisi permane, e sul fronte occupazionale diventa sempre più acuta, si assiste ad una letterale stagnazione non solo dell'economia ma soprattutto delle politiche anticicliche che dovrebbero essere adottate".
Questo il commento di Paolino Barbiero, segretario generale della Camera del Lavoro di Treviso, sulle indicazioni che emergono dalla ricerca.
"Gli elementi negativi permangono tutti - ha spiegato Barbiero - dalla crisi dei mercati, e quindi la flessione dei fatturati, all'emergenza finanziaria, con un sistema d'impresa, soprattutto di quella piccola e media, in apnea di liquidità, con un enorme peso del debito e scarsa capacità di attingere a nuovo credito a causa di fondamentali d'azienda oggettivamente negativi. La diminuzione dell'occupazione, la discesa del tasso di attività anche considerando i contratti aticipici e maggiormente precari e l'aumento dei livelli di disoccupazione sono solo gli effetti di una crisi che vede il sistema economico e sociale lasciato sostanzialmente solo a causa di una mancanza di strategie di lungo periodo in grado di attivare vere politiche anti crisi.
L'attendismo o peggio l'immobilismo, soprattutto del governo centrale, viene sostanzialmente giustificato dal peso del debito, che zavorra la capacità di effettuare manovre sulla riduzione della pressione fiscale e l'aumento della qualità del welfare, ma il vero nodo è legato al fatto che il calo del gettito fiscale, che contribuisce al disavanzo e al rischio di innalzamento del debito pubblico, è causato prevalentemente dalla forte contrazione dell'occupazione, dato che circa l'80% del gettito Irpef deriva dal lavoro dipendente. Si tratta di un circolo vizioso che non potrà essere spezzato senza una ripresa dell'occupazione".
Ufficio Stampa
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